Gert
@letterina @libri Sono senza dignità. Nascondere le proprie responsabilità dietro gli errori altrui è il certificato più autentico che poteva fornire della sua inadeguatezza.
@letterina @libri grazie per la condivisione. Sul tema suggerisco, per chi non lo avesse visto, il film storico: “Lo Stato contro Fritz Bauer”
https://invidious.perennialte.ch/watch?v=BX6fxj747Sg
@informapirata @aitech ho estratto il frammento dall’intero evento del famoso dibattito di Lighthill sull’intelligenza artificiale (1973) in cui si incontrarono i principali ricercatori del tempo - James Lighthill, Donald Michie, Richard Gregory, John McCarthy ecc…- per discutere sui progressi e i limiti dell’intelligenza artificiale.
Ad un certo punto si arrivò a discutere i motivi che portarono alcuni ricercatori a preferire il termine “Artificial Intelligence” rispetto ad altri quali, ad esempio, “Automation” o “Computer Science”.
L’intervento di McCarthy fu clamoroso. Tra il serio e lo scherzo lo disse chiaramente: per avere più possibilità di ottenere denari.
– John McCarthy:
«…Excuse me, I invented the term ‘Aritifial Intelligence’, and I invented it because we had to do something when we were trying to get money for a summer study and I had a previous bad experience…»
L’intera conferenza, di grande valore storico, dalla quale ho estratto l’intervento di John McCarthy [00:45:25 - 00:46:55], è disponibile integralmente qui:
https://www.youtube.com/watch?v=03p2CADwGF8
@informapirata @aitech l’avevo postato, giorni fa, ma lo riposto perché questa ricerca non fa altro che mostrare il risultato di campagne di marketing giocate sulla ignoranza, la complessità del campo e gli effetti speciali. Il termine AI venne impiegato per la prima volta da uno dei padri della disciplina per aumentare le possibilità di ricevere fondi per le sue ricerche là dove il termine “automazione” aveva portato solo a una “bad experience”. McCarthy aveva intuito subito la portata marketing del termine AI.
@informapirata @eticadigitale il punto forse è anche che ci sono un po’ troppi “dibattiti pubblici” su questioni e fenomeni che richiedono competenze specifiche e.non comuni per essere trattati, mentre oggi tutti si sentono qualificati abbastanza per parlare di qualunque cosa, in fondo “basta informarsi”. Aprire un dibattito pubblico su temi di sicurezza informatica non ha alcun senso, se non quello della chiacchiera.
@informapirata @eticadigitale ma guarda io ne ho letto diversi di lavori scientifici. Quelli ben fatti non domonizzano nulla proprio perché sono precisi nel definire l’oggetto e il contesto di studio. Ad esempio, dire e provare che un eccesso nell’uso dei sistemi GPS ha un effetto di perdita delle cellule neurali nell’ippocampo, una struttura fondamentale non solo per l’orientamento ma anche per altre funzioni cognitive, non vuol dire demonizzare i navigatori. La Twenge ha svolto una quantità notevole di ricerche sugli effetti di dispositivi e social negli adolescenti senza mai demonizzare nulla.
@informapirata @eticadigitale francamente, è troppo generico. Non è affatto chiaro cosa significhi “benessere”. Persino chi si fa in vena potrebbe dirti che sta una favola quando si fa e in altri suoi rituali. Non per indicare un ruolo necessariamente “tossico” della rete ma trovo molto poco precisa la ricerca.
@letterina @libri non so se questa iniziativa, più commerciale che culturale, porterà a qualcosa di buono. Mi piacerebbe sapere, ad esempio, se le app che gestiranno la pubblicazione e la lettura delle storie manderanno anche annunci o sollecitazioni diverse da quelle previste dalla semplice lettura. Leggere un romanzo o una novella significa abbandonarsi allo sviluppo di una storia, lasciarsi sollecitare un immaginario in quell’abbandono, una posizione difficile da vivere se siamo attaccati a uno smartphone.
@informapirata @informatica Page Not Found